La tecnologia fotovoltaica consente la conversione diretta dell’energia della radiazione solare in energia elettrica. Il principio di funzionamento di un impianto fotovoltaico si basa su un fenomeno fisico (effetto fotovoltaico) che ha luogo in alcuni materiali semi – conduttori opportunamente trattati (quali ad esempio il silicio), e che consente di generare elettricità se questi sono colpiti da radiazioni luminose.
Esistono diverse tipologie di impianti fotovoltaici che, a prescindere dalla variabile dimensionale, si distinguono in due sistemi:
Sistemi isolati (stand alone): sono impianti non collegati alla rete elettrica che risultano tecnicamente ed economicamente vantaggiosi nei casi in cui la rete elettrica sia assente o difficilmente raggiungibile. Si tratta di singole utenze (es. rifugi, pozzi, sistemi di segnalazione stradale e navale) o di piccole reti isolate per l’alimentazione di villaggi di limitata estensione. Tali sistemi necessitano di un sistema di accumulo a batterie che garantisce l’erogazione di corrente nelle ore di minore illuminazione o di buio.
Sistemi connessi alla rete (grid connected): sono impianti collegati alla rete elettrica nazionale che non necessitano di batterie per l’accumulo dell’energia perché nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non è in grado di produrre l’energia necessaria a coprire la domanda di elettricità, la rete fornisce l’energia richiesta. Al contrario nei periodi in cui l’energia prodotta dal sistema fotovoltaico eccede le richieste dell’utenza, l’elettricità in esubero viene invece immessa in rete.
Il componente elementare di un sistema fotovoltaico è la cella costituita da una sottile fetta (di spessore pari a circa 0,3 mm) di materiale semiconduttore, di forma circolare o quadrata. Il silicio è l’elemento maggiormente utilizzato nel panorama mondiale del solare fotovoltaico commercializzato. Le tecnologie di realizzazione più comuni sono:
- silicio cristallino;
- silicio policristallino;
- film sottile: celle in silicio amorfo, tellurio di cadmio, diseleniuro di
- rame e indio, arseniuro di gallio.
Attualmente circa il 90% della produzione mondiale è costituita da moduli in silicio cristallino. I materiali vengono anche classificati in base alla loro efficienza. Di seguito si riporta, per le soluzioni tecnologiche attualmente più diffuse, una tabella riepilogativa sulle caratteristiche dei moduli in funzione del tipo di materiale e sulla superficie necessaria per l’installazione di 1 kWp (chilowatt di picco).
Più celle solari collegate tra loro e racchiuse in una struttura detta sandwich costituiscono il modulo fotovoltaico. In linea di massima un modulo fotovoltaico è costituito da un vetro trasparente temperato sul lato anteriore ovvero quello esposto alla radiazione solare, un foglio di sigillante EVA (acetato vinil-etilenico) che permette l’isolamento dielettrico delle celle e posteriormente un foglio di tedlar o una lastra di vetro.
Più moduli fotovoltaici collegati in serie e in parallelo formano le sezioni di in impianto la cui potenza può varia da qualche kWp (piccolo applicazioni domestiche) a migliaia di kWp (centrali di produzione di energia elettrica).
A valle dei moduli fotovoltaici è posizionato l’inverter che è un dispositivo elettronico che trasforma la corrente continua in uscita dal campo fotovoltaico in corrente alternata monofase (230 V) o trifase (400 V) e ne adatta la tensione elettrica al livello di tensione della rete (230/400 V). Sul mercato esistono diverse tipologie di inverter, distinte per classi di potenza, e che consentono di estendere le funzioni base d un inverter generico con funzioni sofisticate mediante l’ausilio di sistemi di controllo software ed hardware che consentono di estrarre dai moduli fotovoltaici la massima potenza in qualsiasi condizione metereologica.
Alcuni fattori che influenzano la producibilità elettrica degli impianti solari fotovoltaici:
La produzione di energia dichiarata dal produttore di un modulo fotovoltaico, per consentire il raffronto tra diversi modelli, si riferisce alle condizioni di funzionamento di test standard (STC): irraggiamento G pari a 1000W/m2 e temperatura delle celle pari a 25°C. Scostandosi da tali condizioni, l’efficienza dell’impianto fotovoltaico sarà diversa da quella calcolata teoricamente. L’energia elettrica producibile è funzione di diversi fattori, tra cui: le condizioni di irraggiamento del sito, la temperatura delle celle, l’efficienza dei moduli ed il loro posizionamento, la diminuzione di efficienza legata alle perdite sul circuito CC dell’inverter ed alle perdite di mismatch, etc.
Nelle celle fotovoltaiche, all’aumentare della temperatura, si riscontra una perdita di potenza percentuale di circa lo 0,4~0,5% per ogni grado centigrado in più rispetto ai 25°C delle STC. Più precisamente, ad un aumento di temperatura corrisponde una riduzione della tensione [V] delle celle e quindi anche della potenza erogata, essendo P=I*V (come mostrato nel seguente diagramma). Considerando che d’estate le celle possono facilmente arrivare alla temperatura di 40~70°C, queste possono registrare una diminuzione di potenza istantanea anche del 5~20%. E’ perciò fondamentale posizionare i pannelli in una posizione ventilata, che consenta di disperdere calore dal retro del modulo, facendo tuttavia attenzione ai rischi di effetti vela dovuti ad eccessivi venti.
E’ importante considerare che, essendo le celle di ogni modulo (ed i moduli di ogni stringa) collegate in serie, se una cella viene parzialmente oscurata (da foglie, ombre di comignoli, etc.), tutte le celle del modulo forniscono un valore di potenza nominale più basso anche se pienamente irraggiate. Questa riduzione di potenza può quindi estendersi ad un intera stringa con perdite molto significative. Quando invece una cella è interamente oscurata, anziché generare elettricità, essa si comporta come una resistenza ed un diodo di bypass interviene scollegando il modulo per scongiurare la dilatazione termica delle celle e la loro rottura. Se il pannello ha un unico diodo di bypass, una sola cella oscurata comporta lo scollegamento dell’intero modulo, causando una perdita di mismatching dovuta alla stringa che lavora con un modulo in meno rispetto alle altre. Conseguentemente, il numero di diodi di bypass è un elemento utile per valutare e confrontare la qualità di diversi moduli fotovoltaici. Se la posizione d’installazione dei pannelli è soggetta a fenomeni di ombreggiamento, l’adozione di sistemi di conversione di stringa consente di limitare gli effetti negativi al modulo interessato e non all’intera stringa.
Il Ground Ratio, rapporto tra l’area effettiva dell’impianto fotovoltaico e l’area lorda da questo occupata, diminuisce quando vengono allontanate le stringhe per evitare ombreggiamenti reciproci tra queste. Tale fenomeno si verifica maggiormente nelle prime e nelle ultime ore di sole, quando questo è basso ed ombreggia i filari retrostanti. La distanza minima per evitare l’auto-ombreggiamento tra i filari dei pannelli, negli impianti fotovoltaici installati su coperture piane, si calcola considerando l’altezza solare a mezzogiorno al solstizio d’inverno: la minima altezza in direzione Sud in tutto l’anno.
E’ utile riportare graficamente la minima declinazione del sole (nel suo moto apparente rispetto al piano dell’eclittica), raggiunta il 21 dicembre nel solstizio d’inverno, e la minima declinazione, raggiunta il 21 giugno nel solstizio d’estate. Dalla figura seguente si intuisce facilmente, in confronto col percorso apparente del sole schematizzato per il mese di giugno, come le basse traiettorie solari invernali provochino un maggiore ombreggiamento ed un angolo di incidenza minore (adatto quindi ad angoli di tilt maggiori di quelli ottimali per i mesi estivi).