Il termine “energia geotermica” è generalmente impiegato, nell’uso comune, per indicare il calore, che può essere estratto dal sottosuolo e sfruttato dall’uomo. Un impianto geotermico, in generale, sfrutta il calore contenuto in un serbatoio geotermico e che si propaga fino alle rocce più vicine alla superficie terrestre, come risorsa energetica.
I sistemi a MEDIA E BASSA ENTALPIA sfruttano un fluido geotermico che presenta temperature comprese tra i 150 – 100 gradi centigradi (nei casi della media entalpia) o inferiori a 100 gradi centigradi (nel caso della bassa entalpia), per usi termici diretti di tipo civile, agricolo, industriale (ad es. riscaldamento edifici, riscaldamento acqua).
La seguente tabella riporta una classificazione dei serbatoi geotermici in funzione della temperatura. Si segnala che nella maggior parte del sottosuolo della pianura emiliano-romagnola, da pochi metri a circa 200 metri di profondità, i serbatoi geotermici hanno temperature comprese tra 13 e 18 °C (serbatoi a bassissima entalpia) i quali possono essere accoppiati a pompe di calore per riscaldare ambienti in inverno prelevando calore dal serbatoio, così come possono essere accoppiati a macchine frigorifere per climatizzare ambienti in estate dissipando calore nel serbatoio.
Per questo motivo nel resto del paragrafo si farà riferimento ad impianti a bassa/bassissima/media entalpia (di seguito impianti geotermici) le cui tipica applicazione è la climatizzazione.
Dal punto di vista tecnico gli impianti geotermici possono essere classificati in funzione della tecnologia di sfruttamento del serbatoio geotermico in:
- Sistemi ad acqua di falda (open-loop): l’acqua di falda è estratta mediante pozzi e utilizzata direttamente come sorgente termodinamica inviandola alla pompa di calore in superficie. L’acqua prelevata è re-immessa nello stesso acquifero attraverso un secondo sistema di pozzi oppure scaricata in superficie.
- Sistemi a sonde geotermiche (closed-loop): il fluido vettore termico circola nella sonda geotermica scambiando calore col terreno e con la pompa di calore. Non vi è estrazione d’acqua di falda.
La tecnologia della geotermia a bassa entalpia (o a bassa temperatura), in genere accoppiata con pompe di calore reversibili, utilizza il sottosuolo come serbatoio termico al quale cedere il calore degli ambienti (raffrescandoli) durante l’estate e dal quale estrarre calore d’inverno per riscaldarli. Gli scambiatori di calore di un sistema geotermico sono dei tubi sottoterra, in cui scorre il fluido termovettore, disposti a serpentina, a spirale o più semplicemente ad U.
Le pompe di calore geotermiche che usano come sorgente il terreno sono indipendenti dalla disponibilità di pozzi o bacini idrici e dalla variabilità mensile della temperatura dell’aria esterna. Più precisamente, le PdC geotermiche, più che sfruttare il calore presente nel terreno, ne sfruttano l’inerzia termica, che lo rende assimilabile ad una sorgente a temperatura costante. Nei sistemi a sonde verticali (figura di destra), diverse coppie di tubi (ad U e distanti 4-8m per evitare che si interferiscano reciprocamente) sono calate verticalmente in perforazioni profonde circa 100m. Nei sistemi a sonde orizzontali (figura di sinistra), i tubi sono posizionati nel terreno ad una profondità di 1,5~3 metri.
Nel periodo di riscaldamento invernale lo scambio termico col terreno è molto più vantaggioso di quello con l’aria esterna, la cui temperatura varia giornalmente facendo decadere il rendimento di un’eventuale pompa di calore ad aria. La superficie del terreno può avere temperature vicino lo zero d’inverno ed intorno ai 15~18 gradi d’estate, ma al di sotto dei 10-15 m di profondità ha invece temperatura pressoché costante durante l’intero anno (10°C circa, si raggiungono 13°C intorno ai 100 metri di profondità). Ma la temperatura del sottosuolo, oltre a dipendere dai flussi di calore del terreno circostante, dai flussi d’acqua e dalla radiazione solare (importantissima nel riscaldare il terreno), richiede del tempo per rigenerare (prevalentemente per conduzione) la condizione termica di equilibrio (quest’ultima necessita di ancora più tempo se i prelievi e le immissioni nel terreno sono frequenti). Le sonde geotermiche verticali per applicazioni di tipo residenziale, scendono fino alla profondità di 60~100m, dove il terreno ha temperatura quasi stabile di 13°C. Le sonde orizzontali possono essere posizionate già nei primi metri di profondità, quanto basta da superare il limite di congelamento del terreno. Se tuttavia il terreno contiene più aria che acqua (ad esempio se composto da ghiaia), il rischio che il terreno in prossimità delle sonde congeli è molto alto e la capacità di scambio termico diminuirà fortemente.
Le sonde verticali hanno un andamento ad U e, come per quelle orizzontali, i materiali impiegati sono in genere polipropilene (PP), polietilene (PE) o polietilene reticolato (PE-xA, che conferisce alla sonda un elevata resistenza a trazione, allo schiacciamento ed alla posa). Nell’inserire le sonde si provvede alla contemporanea iniezione di cemento e bentonite, creando una sorta di micropalo di cemento che protegge la sonda e la rende resistente ai cambiamenti di assetto del terreno (movimenti sismici o assestamenti). In questi micropali sono quindi annegati i tubi in polietilene (in genere del diametro di 3cm, con peso in ghisa che facilita la discesa nel foro), all’interno dei quali scorre il fluido termovettore composto da acqua e glicole.
La determinazione della lunghezza complessiva dei tubi (scambiatori a terreno), è funzione di diversi parametri. Tra i primi dati, è fondamentale valutare correttamente i fabbisogni energetici per il raffrescamento ed il riscaldamento, poiché questi determinano l’energia complessivamente immessa ed estratta dal terreno durante un anno di funzionamento. Occorre poi conoscere le proprietà del terreno di posa, in particolare la sua conduttività termica (In letteratura questo valore presenta una variabilità elevata, a titolo di esempio lo scambio termico in un terreno roccioso può essere di circa 70 W/m, mentre in terreni ghiaiosi e sabbiosi lo scambio può essere inferiore ai 20 W/m). La profondità di posa e l’estensione della superficie di scambio sono legate strettamente al tipo di sonda geotermica che viene installata (a sviluppo orizzontale o verticale), ed in misura minore alla conduttività termica del tubo ed alle proprietà del fluido termovettore. Al fine di evitare interferenze termiche, e per contenere la variazione delle caratteristiche del terreno, le sonde verticali sono in genere distanziate di circa 4~8 m e di almeno 1,5 m nelle sonde orizzontali. La superficie necessaria per un buono scambio termico è legata alla profondità di posa delle tubazioni: se poco profonde (ordine di 1~3m) parliamo di sonde geotermiche a sviluppo orizzontale ed occorrerà una superficie di scambio molto elevata (anche 50m2 per kWh termico), se si raggiungono profondità maggiori (anche 80~110m) dove il terreno ha una notevole differenza con l’aria esterna ed una temperatura quasi costante durante l’anno, parliamo di sonde geotermiche a sviluppo verticale, che richiedono una superficie molto minore ma necessitano di costose operazioni di trivellazione.
I sistemi a collettori orizzontali sono meno costosi e più facili da realizzare, ma richiedono ampie superfici libere (che spesso non sono disponibili nelle zone densamente abitate), richiedono una quantità di tubo maggiore (a parità di potenza di un impianto con sonde verticali) e sono più influenzati dalle temperature esterne. Un’alternativa interessante, da valutare necessariamente già nella progettazione di un nuovo edificio, prevede lo sfruttamento degli stessi pali di fondazione per accogliere i fasci di tubi.
La tecnologia geotermica può utilizzare sistemi a liquido o ad aria, con il medesimo fine di sfruttare il calore gratuito del terreno presente a modeste profondità, considerando le differenti proprietà fisiche dei due fluidi. L’aria scambia calore con più difficoltà dell’acqua, avendo una capacità termica quasi quattro volte inferiore, ma questa non gela, non evapora e non ha le problematiche di corrosione dei condotti tipiche dei liquidi. Le tecnologie ad aria sono vantaggiose se nell’edificio è già presente un sistema di distribuzione e ripresa dell’aria. In questi casi infatti, l’aria scaldata può essere immessa direttamente in ambiente, senza che sia necessario uno scambiatore di calore. Nei sistemi ad acqua invece, in un sistema di riscaldamento tradizionale con radiatori, il fluido termovettore deve cedere all’acqua almeno 70°C per riscaldare l’ambiente a circa 20°C (se il sistema di distribuzione del calore adotta i pannelli radianti, sarà sufficiente una temperatura di circa 35°C). Se i fluidi geotermici non riescono a raggiungere tali temperature, si potranno adottare dei sistemi integrativi (come una caldaia o una PdC). Utilizzando pompe di calore reversibili, si può ottenere uno sfruttamento integrale della risorsa geotermica, consentendo il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo.
Un altro uso del terreno è quello di pretrattare l’aria di ricambio in canali interrati grazie alla grande inerzia del terreno, l’aria entrante che sostituisce quella interna viziata, può essere pre-riscaldata d’inverno e pre-raffrescata d’estate. L’aria interna degli ambienti viene espulsa e sostituita da aria pura esterna che scambia calore col terreno attraverso delle tubazioni sottoterra. L’aria esterna aspirata viene opportunamente pre-trattata da filtri, ed all’interno dei condotti, per evitare la formazione di muffa, deve esserci una vasca di raccolta della condensa ed un trattamento antimicrobico.